Gianpaolo Lacerenza, Ministro provinciale dei Frati minori cappuccini di Puglia, è docente di teologia morale presso l’Istituto teologico Regina Apuliae di Molfetta e l’Istituto teologico Santa Fara in Bari, Facoltà Teologica Pugliese.
Una politica da “ricucire”
È il tempo in cui prendere ago e filo per rammendare un vestito strappato, ha affermato il prof. Bignami, riferendosi alla disaffezione dei cittadini italiani al diritto al voto ed in generale alla partecipazione socio-politica. I cittadini che si riconoscono nella fede cristiana e partecipano alla vita ecclesiale non sono da meno in questa decrescita nella conoscenza della vita sociale oggi e delle sue problematiche che subiscono approcci politici plurali. Pertanto la partecipazione alla vita socio-politica, il diritto al voto e la responsabilità all’impegno diretto nella vita politica sono fili da imbastire su di un tessuto-base di formazione permanente ai temi sociali che riguarda tutti i cittadini. Questione questa sollevata in maniera audace e pressante dal prof. Rocco D’Ambrosio, il quale ci ha consegnato un’altra fotografia dell’attuale diserzione dalle urne rinvenibile, appunto, nella scarsa formazione esistente a vari livelli nella nostra società e nella sfiducia verso la classe politica attuale. Il tema di questo mese, sollecitato dalla domanda dello studente Roberto Carbotti, ha davvero suscitato in tutti noi una profonda riflessione su come attivare responsabilità e partecipazione al voto nei cittadini elettori e nei candidati destinatari della fiducia dei loro concittadini. Pertanto vorrei sottolineare alcune suggestioni che provengono dall’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco nella quale il capitolo V è intitolato La migliore politica.
È possibile una “migliore politica”?
La prima immagine che salta fuori guardando al modo di fare politica oggi è l’esercizio della contrapposizione, grande ricetta politica per screditare e distruggere in nome di presunti progetti politico-culturali di portata valoriale maggiore condotti da leader indiscussi, preda però di probabili interessi che alla fine determinano il celebre paradigma tecnocratico invocato più volte dallo stesso Francesco.
Prima di tutto, riprendendo l’insegnamento di Gesù nella parabola del Buon Samaritano, è possibile una migliore politica se rinnoviamo come Lui la fiducia «nella parte migliore dello spirito umano» (cf. FT, n.71). Infatti, prosegue il papa, «ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite» (FT,n.77).
Nell’elencare i valori e i limiti delle strumentalizzazioni ideologiche delle visioni populiste e liberali, Francesco sottolinea come siano da incentivare nuovi modelli di partecipazione democratica che avanzano da più parti, nella forma di movimenti culturali e popolari che la politica dovrebbe imparare ad ascoltare più che a qualificare in base al loro rendimento economico e di consenso, qualora venissero sponsorizzati. Per rimuovere la disattenzione e il disprezzo per i più deboli che si nasconde sia in forme populistiche (che li usano demagogicamente per i propri fini), sia in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti (cf. FT, n.155), è possibile una migliore politica se, al momento del voto, risaliamo davvero alla politica di cui c’è bisogno (FT, n.177).
Avremmo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, che abbia un nuovo approccio integrale, inclusiva di un dialogo interdisciplinare, capace di riformare le istituzioni, coordinando il progredire di nuove pratiche, superando le pressioni viziose (cf. FT, n.177). Davanti a tante forme di politica meschine e tese all’interesse immediato, aggiunge papa Francesco, «ricordo che “la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione” e ancora di più in un progetto comune per l’umanità presente e futura» (FT, n.178).
Più fecondità che risultati
La battaglia politica attualmente più grande è quella di riportare tutti all’esercizio consapevole del voto, il quale di conseguenza esige l’obbligo dell’informazione e della partecipazione. Perché ciò accada è altrettanto necessario aiutare i candidati a misurarsi con alcune prerogative etiche che riguardano più la fecondità dell’azione che i risultati dei consensi. Infatti dall’enciclica appare evidente come i politici siano chiamati a prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone e questo «dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”» (FT, n.188).
La fecondità dell’impegno politico, che si esprime nella costruzione dell’amicizia sociale, significa «farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità» (FT, n.188). La migliore politica è quella che sviluppa negli elettori e nei futuri eletti una strategia di discernimento al bene comuneeticamente fondata sul criterio di fraternità, servizio, inclusione, cultura. La fecondità rispetto ai risultati è la modalità che raggiunge la verità della persona umana e delle sue relazioni attraverso un impegno diretto di tenerezza per essa oppure attraverso la competente realizzazione di quelle condizioni sociali e legali che connettono in armonica sinergia la persona e la società ad ogni livello. La carità politica è in sintesi uno stile di lavoro per il bene comune che unisce tutti in eguale corresponsabilità, in una forma di partecipazione che anche la nostra pastorale dovrebbe oggi maggiormente sviluppare come prassi educativa attualizzante del Vangelo.
Un appello ai candidati
La migliore politica è possibile votarla perché crediamo nelle istituzioni che hanno il compito di garantirla, le quali sono sempre soggette alle cadute di stile o di corruzione che le donne e gli uomini chiamati a tale prezioso servizio rischiano di trovarsi. Pertanto, insieme alla prioritaria responsabilità di custodire e maturare una coscienza di partecipazione diretta alla vita socio-politica attraverso il voto, desideriamo incoraggiare i prossimi candidati alle elezioni europee e locali, affinché creino una migliore politica capace di unire «all’amore la speranza, la fiducia nelle riserve di bene che ci sono nel cuore della gente, malgrado tutto». (FT, n.196).
A tal proposito invitiamo a prendere a cuore le domande di verifica che papa Francesco propone a coloro che vivono il servizio della politica, così da maturare in un cammino di migliore politica: «Pensando al futuro, in certi giorni le domande devono essere: “A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?”. Perché, dopo alcuni anni, riflettendo sul proprio passato, la domanda non sarà: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”. (FT, n.197).
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