La Chiesa: un albero che resiste alle intemperie

All’inizio della Sessione Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità, ci è sembrato opportuno riprendere le attività de nostro blog con un approfondimento, nei tre post di ottobre, sui temi di questo importante evento ecclesiale.
Abbiamo chiesto al prof. Dario Vitali, docente di ecclesiologia presso la Pontificia Università Gregoriana e teologo-esperto al Sinodo, delle considerazioni, partendo da questo quesito:
“Nella Chiesa universale c’è fermento. Si è da poco aperta l’assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità. Stiamo vivendo una nuova primavera, come fu per il Vaticano II, o, vista la sfiducia di molti sul Sinodo, è più un autunno in cui cadono dai rami anche le ultime foglie secche? Cosa succederà nelle Chiese locali dopo l’assemblea di ottobre?”.

In tempi di cambiamento climatico, primavera e autunno sono mezze stagioni, che purtroppo, non esistono più! Si passa dal caldo al freddo con una velocità impressionante, la terra è ormai flagellata da fenomeni estremi che la mettono a dura prova. Non so se si possa applicare sic et simpliciter l’esempio alla vita della Chiesa. Molti ritengono il Sinodo un fenomeno estremo, una specie di alluvione che devasta il bel paesaggio di una volta, una frana dal fronte vastissimo che travolge la Tradizione con la bellezza dei suoi monumenti e delle sue memorie.

Che sia primavera o autunno, estate o inverno, l’elemento fisso del paesaggio ecclesiale evocato dalla domanda è l’albero. Il Vangelo paragona il Regno di Dio al granello di senape che diventa un albero grande all’ombra del quale gli uccelli vengono a ripararsi (cfr Mt 13,32). Paolo VI descrisse la Chiesa, dicendo che «così il Signore l’ha voluta: universale, grande albero fra i cui rami si annidano gli uccelli del cielo, rete che raccoglie ogni sorta di pesci, o che Pietro trae a riva piena di centocinquantatré grossi pesci, gregge portato al pascolo da un solo pastore. Chiesa universale senza confini né frontiere eccetto, purtroppo, quelle del cuore e dello spirito del peccatore» (Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, n. 61). Ma aggiungeva subito che «questa Chiesa universale si incarna di fatto nelle Chiese particolari, costituite a loro volta dall’una o dall’altra concreta porzione di umanità, che parlano una data lingua, che sono tributarie di un loro retaggio culturale, di un determinato sostrato umano» (Ibidem, n. 62).

La questione non è se quella attuale sia una primavera, un autunno o addirittura l’inverno della Chiesa, ma se l’albero della Chiesa regga alle intemperie di qualsiasi stagione e sia in grado di portare frutti. Intanto, va detto che una Chiesa capace di vivere un processo sinodale come quello avviato dall’ottobre 2021 è segno di una Chiesa comunque viva, che sta imparando ad affrontare le stagioni, anzi il tempo che le è toccato di vivere. Si tratta di un tempo complesso, che papa Francesco descrive non come un’epoca di cambiamento, ma come un cambiamento d’epoca. In un tornante così decisivo della storia, non è mai un solo evento, per quanto importante, a determinare le sorti dell’umanità, nel nostro caso della Chiesa.

Tutto è interconnesso. Un evento è parte di un processo: è determinato da cause che lo favoriscono e diventerà causa di effetti che seguiranno. La storia è un processo, un cammino. Noi siamo abituati a guardare l’evento, non il processo: fissiamo l’attenzione all’Assemblea che si sta celebrando, dimenticando che è una tappa di un processo iniziato il 10 ottobre 2021, quando il Papa ha aperto il processo sinodale dedicato al tema: «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione». Soprattutto dimentichiamo che questo processo fa parte del processo lungo e faticoso di recezione del concilio Vaticano II e di quel discernimento che i Padri conciliari hanno compiuto, rispondendo alla domanda: «Chiesa, cosa dici di te stessa?» Né questo processo di recezione sarebbe comprensibile se dimenticassimo che la Chiesa è il Popolo di Dio in cammino verso il compimento definitivo del Regno di Dio: come usa dire la teologia, siamo tra il “già” di Cristo e il “non ancora” del Regno. Pensarsi come Chiesa sinodale significa pensarsi dentro questi tempi lunghi, recuperare il senso della storia della salvezza, recuperare la coscienza di essere Popolo di Dio in cammino verso la pienezza del Regno.

L’assemblea è una sosta lungo questo cammino della Chiesa, un momento di discernimento. Il processo sinodale, infatti, è articolato in fasi: la prima, che ha coinvolto tutta la Chiesa attraverso la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari e i successivi momenti di discernimento nelle Conferenze Episcopali e nelle Assemblee continentali, è durata fino al giugno 2023; la seconda, distinta in due sessioni dell’Assemblea, la prima nell’ottobre 2023, la seconda in questo ottobre 2024, costituisce una ulteriore fase di discernimento che si concluderà con un Documento finale, da restituire – come tutti i documenti precedenti – alle Chiese. Quella restituzione aprirà la terza fase, quella della recezione e dell’attuazione, che consisterà nell’invito ad ogni Chiesa locale di ispirare e regolare il proprio cammino sullo stile e la forma di Chiesa emerso dal processo sinodale.

Molti non comprendono questi tempi lunghi e li considerano perdita di tempo. Al contrario, aspettano e forse pretendono dall’Assemblea decisioni, interventi, fatti, novità che smuovano la Chiesa dal suo immobilismo. Altri temono tutto questo. In realtà non è compito dell’Assemblea decidere. L’Assemblea è un soggetto ecclesiale convocato per un atto di discernimento. E il discernimento ecclesiale avviene attraverso la pratica del consiglio e si misura sul consenso: in altre parole, il Documento finale dell’Assemblea indicherà alla Chiesa un orizzonte e una direzione di marcia e le condizioni per compiere il suo cammino. Sulla base del consenso emerso, il Papa potrà decidere su questo o quel punto specifico (ad esempio, chi possa esercitare un ministero nella Chiesa). Ma, al di là delle decisioni che spetta al Papa determinare, la terza fase del processo sinodale nelle Chiese particolari costituirà la possibilità di verificare la bontà di un cammino di Chiesa dentro l’orizzonte e secondo l’indicazione di marcia emerso da tutto il processo sinodale. I lavori dell’Assemblea, dedicati a rispondere alla domanda: «Come essere Chiesa sinodale in missione?», non sono fine a se stessi e non si fanno per scrivere un documento in più, che andrà ad arricchire lo scaffale dei testi magisteriali, ma per rinnovare la vita della Chiesa dal di dentro.

Il processo sinodale, infatti, non è solo un metodo di discernimento, ma un modo di essere di Chiesa. Troppi hanno risolto il cammino sinodale nel metodo, quasi che tutto si risolvesse nella “conversazione nello Spirito”. Un metodo, uno stile rimandano a un soggetto, che è la Chiesa-Popolo santo di Dio in cammino verso il Regno. Per questo bisogna sottolineare che il processo sinodale è stato e continua ad essere un tempo di apprendistato, perché la Chiesa impari a pensarsi come Popolo di Dio in cammino verso il Regno. E questo cammino non si fa astrattamente: poiché la Chiesa è «il corpo delle Chiese», «nelle quali e a partire dalle quali esiste l’una e unica Chiesa Cattolica» (Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 23), bisogna che ogni Chiesa assuma la sfida di rimettersi in cammino, di essere Chiesa che ascolta lo Spirito e discerne i segni dei tempi nei contesti sociali e culturali in cui si trova a vivere e testimoniare il Vangelo.

 Nel Documento finale saranno indicati i Fondamenti della Chiesa sinodale, le relazioni, i percorsi (o processi) e i luoghi che la caratterizzano. Questi temi sono già contenuti nell’Instrumentum laboris, sul quale l’Assemblea è chiamata a confrontarsi. Perciò si può già prendere contatto con questi temi, approfondirli, farli propri. Si può integrarli nel cammino sinodale che la Chiesa italiana sta facendo, all’interno della fase profetica. In questo modo si coltiva l’albero della Chiesa, sperando nella buona stagione, ma anche difendendolo dalle gravi malattie che lo minacciano.

Essere Chiesa sinodale, ascoltarsi per ascoltare lo Spirito che guida la Chiesa significa imparare a custodire l’albero della Chiesa anche in tempi di grave inquinamento. Un ulivo plurisecolare, addirittura svuotato nel tronco ma con radici così salde, è in grado di produrre olio buonissimo. Ma un olivo attaccato dalla Xilella è destinato alla morte. In una Chiesa sinodale, gli sforzi di tutti, ciascuno per la sua parte (il Popolo di Dio con il suo Pastore, circondato dal presbiterio e dai ministri: cf. concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 41), sono orientati a custodire e rinnovare la Chiesa, ogni Chiesa, perché sia testimonianza viva del Vangelo.

Il mio augurio è che siate testimonianza viva del Vangelo in terra di Puglia, diventando sempre più, con i vostri Vescovi, Chiesa sinodale, Popolo di Dio in cammino verso il regno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pagina che raccoglie i materiali, le informazioni e le riflessioni inerenti ai corsi e ai seminari del prof. Giorgio Nacci, del prof. Roberto Massaro e del prof. Gianpaolo Lacerenza. Per info contattare: info@promundivita.it

Press ESC to close