Il Papa rende possibile la benedizione delle coppie che vivono relazioni “irregolari” e di coppie dello stesso sesso: una rivoluzione vaticana?

a cura di Martin M. Lintner
Sudtirolese, nato nel 1972, membro dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle facoltà di teologia cattolica di Innsbruck e di Vienna, oltre che a Roma. Già presidente della Associazione europea di teologia cattolica (2013-2015), oggi è professore ordinario di teologia morale e teologia spirituale allo Studio teologico accademico di Bressanone. In italiano ha pubblicato, fra l’altro: La riscoperta dell’eros (EDB, Bologna 2015); Cinquant’anni di Humanæ vitæ (Queriniana, Brescia 2018); Etica animale. Una prospettiva cristiana (Queriniana, Brescia 2020). Recentemente ha pubblicato un manuale di etica sessuale cristiana in lingua tedesca dal titolo Christliche Beziehungsethik. Historische Entwicklungen – Biblische Grundlegung, presto disponibile anche in lingua italiana.

La notizia è stata una sorpresa. Le prime reazioni andavano dallo stupore gioioso all’incredulità e all’orrore. Lunedì 18 dicembre, il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale Víctor Férnandez, ha pubblicato una Dichiarazione sul senso pastorale delle benedizioni intitolata Fiducia supplicans, segnalando che, con l’esplicito consenso del Papa, le coppie che vivono insieme in unioni “irregolari” o dello stesso sesso potranno essere benedette, a determinate condizioni. Il testo è stato pubblicato sotto forma di “Dichiarazione”, il che gli conferisce maggiore autorità rispetto, ad esempio, a un “Responsum ad dubium”, con il quale il dicastero risponde alle richieste o ai dubbi da parte di vescovi.

Ma questo documento nuovo è una bomba o no? 

Vorrei rispondere con due sì e due no. Il primo sì: Solo nel marzo 2021 lo stesso dicastero, allora ancora sotto la guida del prefetto cardinale Luis Ladaria, pubblicò un “Responsum ad dubium”, in cui alla domanda «La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?» rispondeva chiaramente e semplicmente in modo negativo. Il fatto che meno di tre anni dopo lo stesso dicastero riveda e modifichi questa risposta è per così dire una bomba.

Vorrei qui però aggiungere il mio primo no. Non è una notizia bomba se si considera quanto segue. Anche se non è mai stato comunicato pubblicamente, si è saputo che c’erano mormorii all’interno delle mura vaticane dopo la pubblicazione del testo nel marzo 2021. La formulazione di allora «Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium, con annessa Nota esplicativa» fa capire che tale documento non è stato sottoposto al Papa nella sua versione scritta finale in modo normale e da lui approvato. Si dice che il Papa sia stato tutt’altro che contento della sua pubblicazione a ridosso del suo viaggio pastorale in Iraq, che naturalmente occupava tutta la sua attenzione. Solo poche settimane fa, nell’ottobre 2023, il Papa ha risposto a cinque domande di un gruppo di cardinali, tra cui una sulla pratica ormai diffusa di benedire le unioni omosessuali. La risposta del Papa è stata molto sfumata, non un semplice sì o no, a dimostrazione che qualcosa stava succedendo. Tuttavia, il fatto che l’attuale Dichiarazione sia stata resa pubblica lunedì scorso è stata una sorpresa, poiché nulla lasciava presagire che un chiarimento vaticano sarebbe stato rilasciato così presto.

Il secondo no – perché non ritengo questa Dichiarazione una bomba – è che nulla è cambiato nella dottrina sessuale della Chiesa. Questo viene ripetutamente sottolineato. Dal punto di vista della Chiesa, le coppie dello stesso sesso e le cosiddette relazioni “irregolari” – ad esempio i divorziati che si risposano o le coppie che si sposano solo civilmente o che convivono senza matrimonio – continuano a essere giudicate negativamente. Viene esplicitamente ribadito quanto segue: «Soltanto nel contesto del matrimonio i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma». Se quindi un atto di benedizione è consentito, non significa che forme di relazione rifiutate dalla Chiesa in sé e per sé o giudicate moralmente negative siano legittimate dalla benedizione. Già nel marzo 2021, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha ammesso che in tali relazioni possono essere presenti elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, ma che le relazioni rimangono peccaminose e quindi non possono essere benedette. Tuttavia, l’attuale Dichiarazione sottolinea che questi elementi positivi possono essere promossi e rafforzati grazie ad una benedizione.

Questo mi porta alla seconda ragione per cui considero questo documento una bomba. Si tratta di un chiaro messaggio all’intera Chiesa mondiale. È noto che il giudizio morale sull’omosessualità in generale e sugli atti omosessuali in particolare è discusso in modo molto diverso e controverso a livello di Chiesa universale. La linea di demarcazione non corre tra l’Europa e il resto del mondo, o – come spesso si dice – tra la Chiesa in Germania e in Belgio e il resto dell’Europa, ma piuttosto tra singole regioni dell’Africa e il resto del mondo. Solo di recente i vescovi del Ghana hanno approvato esplicitamente una legge contro l’omosessualità. Circa sei mesi fa, i vescovi dell’Uganda hanno fatto una dichiarazione simile. Riconoscere che in una relazione di coppie dello stesso sesso si possono vivere elementi positivi e che questi elementi possono essere promossi e rafforzati attraverso una benedizione può non suscitare scalpore in alcune regioni mondiali, ma in altre, come l’Uganda o il Ghana, sicuramente sì.

Cosa succede dopo la pubblicazione di questo documento? 

Innanzitutto, il Dicastero per la Dottrina della fede sottolinea che le nuove soluzioni non sono rese possibili da un cambiamento della dottrina, ma da una comprensione più ampia degli atti di benedizione. Sarà ora un compito interessante per gli studiosi di liturgia spiegare il significato più profondo della benedizione come atto di culto. Anche se la Dichiarazione sottolinea che tale benedizione non deve essere un atto liturgico, per non lasciare dubbi sul fatto che non si tratta di una cerimonia matrimoniale, un atto di benedizione è una forma di culto della Chiesa. Credo che sia un vantaggio se attualmente non vengono emanati regolamenti, norme e regole per questi atti di benedizione. Questo apre uno spazio creativo per i sacerdoti che possono organizzare una forma adeguata e dignitosa con le coppie interessate. Posso immaginare che tra qualche anno la Chiesa guarderà alle esperienze pastorali fatte e le valuterà: Cosa funziona? Cosa non ha funzionato? Allora forse arriverà anche il momento in cui la mutata ed eventualmente provata pratica pastorale della Chiesa porterà a una riflessione approfondita sulla dottrina. Infatti, a lungo termine, è difficile sostenere che cambia solo la pratica pastorale, ma non l’insegnamento della Chiesa su cui la pratica pastorale infine si deve sempre basare. Non ci sono due verità, una pastorale e una dottrinale. Papa Francesco sottolinea giustamente che l’atteggiamento pastorale della misericordia, della comprensione e dell’accompagnamento umano e spirituale appartiene alla verità della Chiesa, alla quale è impegnata dal Vangelo. Ascoltando e accompagnando empaticamente le persone e le coppie dello stesso sesso e quelle in relazioni “irregolari”, la Chiesa forse riconoscerà anche che le loro relazioni e situazioni di vita non possono essere giudicate solo negativamente, nemmeno da una prospettiva oggettiva.

Comments (1)

  • Giuliosays:

    Dicembre 20, 2023 at 4:56 pm

    Apprezzo, anche se non completamente, la dichiarazione circa le benedizioni per le coppie irregolari o omossessuali. Non completamente perché, a mio parere, ci si è voluti situare ancora una volta “in medio” e questa scelta, se da un lato è potuta esser stata fatta in via prudenziale o con la saggezza necessaria alla situazione, rimane imprecisata, dando quasi a sembrare un “contentino” agli interessati e ai loro sostenitori (mi esprimo così perché evidentemente è così che stanno le cose in una non piena comprensione dei fatti da parte di tanti fedeli e non). Apprezzo anche il contributo qui letto, pur non condividendo un particolare riguardante la scelta di non proporre un rito chiaro e preciso da seguire per la benedizione e, perciò, voler decontestualizzare tale benedizione dal suo luogo originario: quello liturgico-sacramentale, in quanto la benedizione, essendo un atto di culto, è un atto sacramentale. Secondo me si corre il rischio di una esagerazione, piuttosto che di un sano contenimento, nella libera e fantasiosa creazione di un formulario apposito, specie da parte degli estremi simpatizzanti della questione (episodi realmente accaduti anche in altre circostanze e contesti), che porterà sicuramente, in tal caso, ad una errata comprensione ed interpretazione dellʼatto; così come nel suo opposto: una semplicissima benedizione priva di gesti, segni e di linguaggio proprio, sminuirebbe totalmente il senso stesso della benedizione che è un dire bene da parte di Dio. In tal caso, ne varrebbe la pena? Ho i miei dubbi… Ma, anche qui, penso che pur essendo un piccolo passo profetico per la Chiesa di oggi, questa dichiarazione risenta, allo stesso tempo, di un tempo ancora non pienamente maturo per un passo così grande e così bello. Bello perché pienamente capace di trasmettere, di comunicare e far fare esperienza del bene, dellʼamore e della misericordia di Dio anche ai fratelli e alle sorelle che vivono in uno stato “irregolare” o ai fratelli e sorelle omossessuali.
    La mia è una semplice considerazione opinabilissima, consapevole della mia ignoranza rispetto a molte tematiche teologiche che arriverò a studiare nel percorso accademico nei modi e nei tempi opportuni ma, al tempo stesso, è una considerazione che mi stimola a voler comprendere e approfondire sempre più la questione. Grazie mille.

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