«Il mio diletto per me e io per lui» (Ct 2,16a). Teologia morale e transdisciplinarità

Ha avuto luogo il 16 ottobre 2023, presso l’Istituto “Regina Apuliae” della Facoltà Teologica Pugliese una lezione di approfondimento tenuta dalla professoressa Gaia De Vecchi, docente di teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

L’approfondimento ha visto coinvolti gli studenti dei corsi di teologia morale fondamentale e di teologia morale del matrimonio e della vita fisica.

L’obiettivo della lezione era quello di presentare la necessità per tutta la teologia, in particolar modo per la teologia morale, di aprirsi al dialogo transdisciplinare, inteso come la forma forte della interdisciplinarità, così come ce la presenta papa Francesco al numero 4 di Veritatis gaudium, «come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio».

Limpida è stata l’immagine che la prof. De Vecchi ci ha consegnato del “settimino”, tradizionale mobile a sette cassetti mediante il quale ognuno ha la possibilità di organizzare ciò che possiede, nella maniera ritenuta più opportuna ed efficiente.

 Dietro questa immagine si nasconde una profonda sfida per la teologia morale, in particolar modo per la teologia morale sessuale, focus dell’incontro.

Come siamo chiamati oggi a riorganizzare il nostro sapere (molto più ricco e dettagliato dei nostri antenati) perché la teologia morale sia in grado oggi di rimanere fedele alla sua vocazione umanizzante, illustrando l’altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di portare frutto nella carità per la vita del mondo? (cfr. OT 16)

La lezione non è stata un approfondimento sulle risposte, ma il luogo in cui sono risuonate tutte le domande, dalle quali non è possibile non iniziare un cammino di discernimento e di ricomprensione dell’approccio allo studio teologico.

È ancora necessaria la distinzione in trattati per lo studio della teologia? Pur ammettendo una risposta affermativa a tale quesito, rimane lecita una domanda circa la sua sufficienza, o efficienza.

La conversione alla transdisciplinarità di sicuro ci chiede di adottare un nuovo modo di pensare e affrontare il reale mediante l’unione di tutti i saperi che l’uomo contemporaneo possiede.

La teologia morale dunque deve imparare a confrontarsi con tutto il resto della teologia, ma anche a sedersi ad una “tavola rotonda” (la geometria del tavolo esprime in maniera efficace il rapporto e la modalità di dialogo che si è chiamati ad intraprendere), insieme alle scienze sociali, le scienze umane, le scienze “dure”.

Non si è chiamati a rinunciare o indebolire il riferimento alle fonti della teologia, che rimangono costitutive per la morale, ma a permearne sempre più a fondo lo spirito, perché fedeli alla propria identità e missione, sappiamo mettere in comune i saperi, per poter dare ragione delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini d’oggi (GS, 1).

Mediante alcuni cenni di eredità lasciati dalla tradizione, è stato possibile notare come l’apertura alle scienze moderne, come ad esempio biologia, neuroscienze e psicologia, dia alla teologia morale sessuale la possibilità di tener conto non solo dell’uomo di oggi, ma anche della donna d’oggi. Diversi temi trattati dalla tradizione, infatti, come ad esempio la fecondità e il piacere, il maschile e il femminile, procreazione e intimità, risentono di una riflessione teologica prodotta esclusivamente da chierici maschi e celibi. L’apporto delle nuove conoscenze e il significativo ingresso delle donne all’interno della ricerca teologica hanno permesso di ricomprendere i diversi paradigmi e le diverse separazioni che hanno avuto luogo lungo i secoli e che ora forse non possiedono più la forma più adeguata per rispondere alle esigenze dell’uomo e della donna contemporanei.

Spostando il focus sulla Sacra Scrittura, la professoressa De Vecchi ha mostrato come una diversa interpretazione di Genesi 1-2 ha dato vita a diversi modelli di rapporto tra uomo e donna, modelli che hanno influenzato la Chiesa, la società, la famiglia.

Si è passati dal modello della funzionalità, in cui la donna, in quanto tratta dalla costola di Adamo, è da intendersi come subordinata a colui che corrisponde in pienezza all’immagine e somiglianza di Dio, cioè l’uomo.

Il modello della complementarietà, in cui la costola è da intendersi come “metà” perfetta, che pur riconoscendo spazi esclusivi di autonomia, li considera come non comunicanti (alcune cose appartengono in maniera esclusiva all’uomo, altre alla donna).

Infine il modello della reciprocità, traducibile come lo “stare contro”; un essersi di aiuto che non postula la perfetta corrispondenza (due metà esatte), mitigando inoltre il carattere sponsale, favorendo la peculiarità dell’”essere aiuto che corrisponde”.

Infine la professoressa ha provocato la classe ad elaborare un quarto modello, un modello che avesse una chiara base scritturistica, ma che potesse permettere di pensare la relazione non più esclusivamente per la coppia, ma per ogni legame, che considerasse prioritariamente l’integrità della persona e non la sponsalità come nei precedenti. Un modello dunque che potesse rispondere alle caratteristiche di gratuità, oblazione e donazione.

 

Emanuele De Michele

V anno – ITRA (Molfetta)

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