Educare al dono: vivere le relazioni in modo sano e sanante

Cosimo Giannotta, 47 anni, vive a Putignano ed è sposato con Maria Pugliese da 17 anni, da due anni padre affidatario di Mariam. Laureato in chimica, è collaboratore tecnico presso ARPA Puglia sede di Taranto. Da quasi 40 anni presta servizio nella parrocchia San Pietro Apostolo di Putignano ed è attualmente aspirante al diaconato permanente per la diocesi di Conversano-Monopoli.

Dopo un mese mi ritrovo a scrivere qualcosa sull’interessante giornata di studio di teologia morale dal titolo “Scelgo il bene. Educazione morale e percorsi di iniziazione cristiana”. Il focus di quest’ anno ha riguardato, per l’appunto, i percorsi di iniziazione cristiana e, per tale ragione, ha visto coinvolti operatori pastorali impegnati nella catechesi e nei percorsi educativi. Interessanti le tre relazioni mattutine e precisamente quella della prof.ssa Augelli (Università Cattolica di Milano), quella della prof.ssa De Vecchi (Pontificia Università Gregoriana di Roma) e la videoconferenza di don Matteo del Santo. Rileggendo gli appunti mi è subito saltata agli occhi la definizione di morale come habitus. È quindi qualcosa che io metto addosso. Ma la parola richiama di più l’essere, o meglio l’esserci. Vuole dire anche misurare le proprie azioni e porsi in modo corretto di fronte alla vita. Perciò lo scopo educativo è insegnare ai ragazzi a “stare” davanti al mondo. Il laboratorio pomeridiano ha avuto proprio questo scopo. Attraverso la costruzione di una unità catechistica, specifica per le tre fasce d’età, i gruppi si sono chiesti come educare i ragazzi a stare davanti al mondo, partendo dall’insegnamento del Vangelo, e percorrendo attraverso varie attività una via per la crescita personale. Al nostro gruppo è toccato il tema dell’educare al dono. Non è stato semplice lavorare nella costruzione dell’unità specie nel capire come fare a interessare genitori ed educatori nel percorso di crescita. Siamo abituati ad avere a che fare con i piccoli, ma di fronte a chi è già strutturato facciamo fatica a capire quali strategie di coinvolgimento adottare. Per i ragazzi è più facile pensare a testimonianze, a giochi, a strumenti semplici per far passare il messaggio. Ma anche con i ragazzi vengono fuori le difficoltà, specie durante la fascia d’età che va dai 12 ai 14, quando i ragazzi hanno già uno spiccato carattere critico e bollano come inutile tutto quello che non si adatta al loro modo di vivere. Insomma un vero e proprio rompicapo. Ne è venuta fuori la convinzione chiara che oggi non basta più quello che si è sempre fatto e che la via migliore per educare passa attraverso la testimonianza e l’esperienza. Posso insegnare la logica del dono, ma se poi non la sperimento praticamente e non la faccio sperimentare sarà difficile sia testimoniarla che insegnarla. Di qui non solo la necessità di formarsi a teorie nuove, ma soprattutto all’essere dono. Appaiono vincenti quindi le esperienze concrete in cui immergere i piccoli fin dalla tenera età e ancora più gli adolescenti; e far vivere queste esperienze a tutta la famiglia. Fare visita insieme ai genitori a un parente ammalato o semplicemente solo; fare vivere ai ragazzi campi lavoro; abituare i piccoli a fare piccoli risparmi per comprare qualcosa per i poveri…sono tutte esperienze positive che gettano un seme nella vita dei ragazzi e li aiutano a stare davanti al mondo in un modo nuovo, in un modo a cui la società non ci abitua più. Particolare è stata l’annotazione di uno dei tre gruppi che diceva come il catechista non debba essere il “maestro”…questo è molto saggio. Se indico una via, la devo indicare in primis a me stesso e viverla con i ragazzi perché anche il catechista è discepolo. Spero di avere racchiuso in così poche parole l’intensità del dono vissuto nella giornata. Alla prossima condivisione!

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