a cura di Roberto Massaro
Professore associato di Teologia morale presso la Facoltà Teologica Pugliese. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Sui sentieri di Amoris laetitia. Svolte, traguardi e prospettive, Cittadella editrice, Assisi 2022 (a cura di); Si può vivere senza eros? La dimensione erotica dell’agire cristiano, Messaggero editore, Padova 2021; L’etica della cura. Un terreno comune per un’etica pubblica condividsa, EdAcAlf-LUP, Roma 2016. Insieme a Giorgio Nacci e Gianpaolo Lacerenza è curatore della pagina Promundivita.it.
La domanda posta da Laris, che sta accompagnando la riflessione del nostro blog in questo mese, ha trovato nella precisa e competente risposta del prof. Zamboni un punto fermo ineludibile per chiunque voglia accostarsi al tema della legge naturale: essa, infatti, va interpretata come «la legge della natura umana che esiste sempre nella storia e che pertanto reclama costantemente un’interpretazione sapiente». Sarebbe, nondimeno, un errore assumere i dati biologici come norma immediata; «i dati biologici – continua Zamboni – sono invece come dei “segni anticipatori” (VS, n. 48) che vanno assunti dalla ragione umana come indicazioni del bene proprio della persona umana. È alla luce della persona umana, della sua ragione e della sua libertà, che le indicazioni anticipatorie del corpo assumono normatività etica».
Non di rado, tuttavia, quando, in ambito cattolico, si affrontano temi riguardanti l’etica sessuale, la legge naturale viene chiamata in causa come elemento immutabile, unico metro di giudizio per valutare la liceità di alcuni comportamenti o atteggiamenti. Pertanto, richiamando (impropriamente) Tommaso, ogni atto sessuale non finalizzato alla procreazione viene classificato come “contro natura” e ogni tentativo di questi atti come l’espressione di un «mondo al contrario», nel quale si sta sovvertendo l’ordine naturale prestabilito da Dio. Spesso, però, queste forme estreme non aiutano la ricerca su temi complessi che, come nel caso della sessualità umana, meritano uno studio articolato e approfondito che coinvolga più discipline.
Identità sessuale: natura vs. cultura
L’identità sessuale di un individuo si configura come un processo molto articolato e ricco di interazioni. Convenzionalmente potremmo dire che essa è la risultante del sesso biologico (ossia delle componenti genetiche e somatiche), dell’identità di genere (l’autopercezione di se stessi come maschi o come femmine), del ruolo di genere (il comportamento sessuale che la società promuove o si aspetta dal maschile o dal femminile) e dell’orientamento sessuale (l’indirizzo del desiderio sessuale).
Se, in passato, si era soliti pensare che, dato un sesso biologico maschile o femminile – una “natura” maschile o femminile –, a esso dovessero seguire determinati comportamenti e preferenze, oggi, soprattutto grazie allo sviluppo delle Gender Theories, si tende a slegare l’identità di genere dal sesso biologico, ritenendo la prima una costruzione meramente culturale.
Anche alcune ricerche neuroscientifiche sull’identità di genere sembrano andare in questa direzione. Secondo Allan N. Shore, i meccanismi cerebrali che vengono messi in atto nel processo di attaccamento e che contribuiscono alla formazione dell’identità di un individuo (e quindi anche alla sua identità di genere) sono tre: la sintonizzazione affettiva, ossia una forma di comunicazione genitore-figlio che consente una corrispondenza tra gli stati psicobiologici, l’allineamento in cui il genitore o il figlio cercano di accordarsi agli stati dell’altro e la risonanza, un processo di influenza reciproca che si ripercuote su vari aspetti delle attività e della mente. Tutto ciò avverrebbe grazie ai neuroni specchio, una serie di neuroni visuo-spaziali che si attivano sia quando si compie un’azione sia quando osserviamo azioni, gesti o ascoltiamo parole di altri. Il sistema specchio, simulando le azioni osservate, sarebbe, quindi, determinante nel contribuire in ciascuno alla nascita di una teoria della mente e ci consentirebbe di conoscere ancor meglio i meccanismi cerebrali responsabili del rapporto tra le persone.
Queste scoperte neuroscientifiche non fanno altro che rafforzare il pensiero che l’identità di genere non dipenda esclusivamente dal dato biologico, ma che si costruisca attraverso e all’interno di una pluralità di contesti che coinvolgono quasi simultaneamente dato fisico e dato culturale.
Ne deriva che la formazione dell’identità di genere avviene attraverso un complesso meccanismo “a specchio”, ossia attraverso processi di identificazione/differenziazione dalle figure relazionali più importanti del proprio sesso o del sesso opposto, nei primi anni di vita, soprattutto in ambito familiare. Si tratta pertanto di un delicato dinamismo di reciprocità nel quale le relazioni precoci di adattamento influiscono nei meccanismi cerebrali che regolano le emozioni e plasmano l’identità di genere.
Identità sessuale: tra natura e cultura
Questa e altre ricerche sembrano infliggere duri colpi al concetto di “legge di natura”. Come sappiamo, esso ha accompagnato la riflessione della chiesa sull’etica sessuale a partire dalle lettere paoline – in cui si dichiarano “contrari alla natura” sia l’omosessualità maschile tra i pagani (cf. Rm 1,26) sia i capelli lunghi per gli uomini (cf. 1Cor 11,14-15) – fino ai giorni nostri per condannare l’uso dei contraccettivi o la riproduzione medicalmente assistita. Oggi tale principio risulta essere sempre meno convincente, anzi, per alcuni aspetti – come afferma José Vico Peinado –, “pericoloso” e “inadeguato”.
Le neuroscienze, se da un lato hanno svelato la “naturalità” di alcuni processi – ossia il loro essere riconducibili a dinamismi cerebrali – dall’altro ne hanno ricondotti tanti a cause esclusivamente culturali e sociali.
La riflessione che abbiamo proposto sull’identità di genere ha fatto emergere che è difficile – e, oserei dire, contraddittorio – parlare del “dato naturale” della sessualità umana e che, nella genesi del comportamento sessuale, fattori genetici e biologici e fattori culturali sono così strettamente legati tra loro da rendere impercettibili i confini. La vecchia contrapposizione natura-cultura non ha più alcuna ragion d’essere: tra le due vige una positiva correlazione.
Si impone, pertanto, la necessità di una riflessione ad ampio raggio che, proprio partendo dagli studi sul cervello umano, sostenga le persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ nell’accettazione di sé e nella ricerca di una vita cristiana pienamente realizzata e integrata nella comunità ecclesiale. Il rischio – come annota lo stesso papa Francesco nell’esortazione apostolica Christus vivit – è che la morale sessuale continui a essere considerata «causa di incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa, in quanto è percepita come uno spazio di giudizio e di condanna» (CV, n. 81).
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